OSPEDALI

Introduzione


In Italia tutti i cittadini, sia Italiani che stranieri, sono assistiti dal Servizio Sanitario Nazionale che, attraverso il pronto soccorso pubblico, si prende cura di tutte le persone che vi si recano o che vi vengono portate. Anche la figura del “medico di famiglia” o “medico di base”, che da noi è considerato un diritto del cittadino, viene pagato dallo Stato.


Nella nostra Nazione non esistono Ospedali totalmente privati o che operano senza l’ausilio di fondi pubblici ma esistono le “Case di Cura” anche dette “Cliniche” (Si veda la sezione “Cliniche Medico Chirurgiche”) che, pur operando in regime totalmente privato, offrono un ventaglio di servizi sicuramente ridotto rispetto a quello offerto dagli ospedali. La conduzione di un Ospedale non equivale in nessun modo alla conduzione di una azienda in regime di libero mercato ne, di conseguenza, è valutato importante che la vision e la mission aziendali vadano verso l’efficientamento ed il miglioramento continuo delle attività. Esiste solo il concetto della “stampella” economica che arriva dai fondi pubblici.


Oltre al finanziamento pubblico, altre due importanti differenze tra le “Cliniche” e gli Ospedali vogliono essere ricordate a questo punto e sono: il numero di servizi offerti e il numero di posti letto gestiti, normalmente le cliniche hanno una quantità limitata di entrambi gli elementi rispetto agli Ospedali.



Abbandonando il concetto di clinica (che verrà ripreso in altre sezioni) ci preme dare ulteriori delucidazioni in merito alla “gestione” degli ospedali pubblici italiani.


In Italia un Ospedale, di norma, viene gestito da: Organismi dello Stato (Regioni e reti di aziende ospedaliere), Congregazione religiosa (accreditato con il SSN), Soggetto Privato (accreditato con il SSN).


Dei tre soggetti sopra elencati i risultati peggiori si riscontrano negli ospedali gestiti dalle congregazioni religiose che lavorano più per “grazia ricevuta” che secondo criteri economici. In tali strutture le spese sono sempre state dei veri e propri “rimborsi a piè di lista” e non ci sono state figure manageriali con la capacità di farsi carico della situazione e riportare la gestione sulla strada della conduzione aziendale, soprattutto nel momento in cui gli imponenti fondi economici sono venuti a mancare. Le congregazioni religiose sono state sempre ostiche all’apertura verso l’esterno ed hanno evitato, in virtù di ciò, il coinvolgimento di manager esperti. Questo ha generato la pessima situazione organizzativa ed economica nella quale si trovano.


Il soggetto pubblico, nella maggioranza dei casi, ha gestito le proprie strutture attraverso le regioni. Le Regioni a loro volta hanno nominato i direttori generali delle aziende ospedaliere non tanto per capacità dei singoli quanto per questioni di natura politica. I direttori generali sono stati quindi chiamati a “rispettare” una “nomina politica” più che seguire un incarico professionale. La gestione è andata avanti per pura inerzia e non secondo delle precise linee guida e ciò evidentemente ha creato gravi ripercussioni sull’ andamento delle strutture.


Il soggetto privato accreditato si è occupato direttamente della gestione con personale efficiente ed ha generato ricavi molto importanti attraverso gli stanziamenti pubblici. Tali soggetti rappresentano i “finti imprenditori” ovvero coloro i quali non operano in un regime di libero mercato e non devono adoperarsi per aumentare il livello di efficacia ed efficienza dei servizi che offrono ma devono solo trovare il modo per ottenere più finanziamenti. Questi soggetti, grazie alla completa assenza di razionalizzazione e di controllo del sistema sanitario italiano, hanno accumulato margini al di fuori della portata di qualunque imprenditore sanitario nel mondo.


La Mission della Top Physio Engineering per gli Ospedali passa per un progetto di ristrutturazione globale che si fonda sull’analisi e sul miglioramento di quattro differenti aree. Queste stesse aree, negli anni, hanno rappresentato un oggettivo impedimento allo sviluppo di queste strutture e sono:

la struttura fisica del complesso architettonico


le tecnologie


l’organizzazione


la sostenibilità economica


La struttura fisica del complesso architettonico, le tecnologie, l’organizzazione

Iniziamo con un po’ di storia. Nel corso degli anni l’Ospedale è sempre stato strutturalmente concepito come “camerata” o, in seguito, come “padiglione”; in entrambi i casi “l’assetto tipo” doveva prevedere enormi spazi comuni ove collocare i pazienti in attesa che il primario (la cui bravura era direttamente proporzionale al numero dei posti letto gestiti), con la sua equipe, passasse per il consueto giro visite, quasi fosse un area predisposta per le esigenze pratiche del medico e non dei singoli pazienti. Col tempo questi spazi sono stati ridimensionati; il numero di persone costrette a condividere una stanza d’ospedale è drasticamente sceso ma a tutt’oggi non siamo ancora giunti al vero obiettivo quello cioè di avere una camera per ciascun paziente.


Nel peggior momento della vita dell’individuo e cioè quando è ammalato lo costringiamo a dividere la stanza ed i suoi disagi con degli sconosciuti. Una società che professa la cultura della privacy a 360°, non riesce a dare al paziente uno spazio a lui dedicato che abbia la dimensione giusta per il miglioramento sostanziale della sua permanenza in ospedale.


La nostra soluzione è dare al paziente il suo spazio vitale, 12.5 metri quadri a lui interamente dedicati, inclusi i servizi igienici personali per disabili.


Analizziamo un secondo tema legato al complesso architettonico: gli spazi dedicati alle aree di pronto soccorso. Per citare un esempio, ogni anno si registrano, nelle strutture ospedaliere di Roma, poco meno di 1 Milione di accessi al pronto soccorso (ciò vuol dire che il 14% della popolazione di Roma e provincia accede al pronto soccorso in media una volta l’anno). Le attuali dimensioni dei “pronto soccorso” sono mediamente troppo piccole per rispondere in maniera efficace ed efficiente alle esigenze dei cittadini. L’attuale situazione consente a mala pena di affrontare in modo completo i codici di massima urgenza. Correttamente si tenta di tutto per salvare la vita ma non si prova nemmeno a gestire il paziente che può aspettare l’indomani. Si pensi ad esempio ad un paziente che arriva al pronto soccorso con una frattura di femore (tale trauma è molto frequente nella nostra società odierna). Una volta al pronto soccorso il paziente, dato che non rischia la vita, non subisce subito l’intervento di stabilizzazione del femore ma viene messo in reparto, in attesa che l’ospedale sia pronto per erogare il servizio. Questo ritardo genera una maggiore permanenza del paziente in ospedale (sovraffollamento delle camere), un aggravamento del quadro clinico, un ampliamento delle cure da fornire al paziente in virtù dell’aggravamento del quadro clinico (maggiore spesa) in sintesi cure mediche non ottimali, spazi insufficienti, costi lievitati.


Più volte nella storia, con metodi e modalità diverse, si è tentato di ridurre il numero di accessi al pronto soccorso gestendo il paziente attraverso i medici di base o smistandolo su altre strutture. Nessuna strada finora intrapresa ha portato risultati apprezzabili ne tantomeno costi di implementazione accettabili.


La nostra soluzione è quella di strutturare un pronto soccorso che, dopo approfondito inquadramento diagnostico complessivo del paziente, sia in grado di:


-dimettere il paziente, se non si tratta di una patologia chirurgica, al fine di indirizzarlo presso una struttura post acuzie medica (da non confondere con il post acuzie riabilitativo) snella, a basso costo ed adeguata alle sue esigenze, che possa tenerlo sotto osservazione medica in maniera adeguata e procedere di conseguenza a seconda della sua problematica;


oppure di


- eseguire l’intervento, puntare alla degenza ridotta e organizzare un adeguato post acuzie per il paziente.


In sintesi: Analisi approfondita ed immediata che offre nell’imminente una chiara capacità di scelta e che determina una struttura flessibile. L’infarto e la polmonite non devono essere gestiti allo stesso modo perché non necessitano delle stesse cure e non vi è la necessità di metterli entrambi in attesa al pronto soccorso.


Ovviamente per poter fare tutto ciò è necessario:


dare la gestione dell’azienda ospedaliera non ad un medico, che è dedicato a fornire una prestazione sanitaria, ma ad un imprenditore consapevole e concreto della realtà che gestisce;


attuare una razionalizzazione degli spazi al fine di avere un’area di pronto soccorso almeno pari al 20% della superficie globale della struttura;


avere una organizzazione per cui la struttura gira intorno alle esigenze del paziente e non a quelle del medico


dedicare i migliori specialisti in organico non ai reparti ma alle aree di pronto soccorso ovvero ove ce n’è più bisogno;



valutare le risorse umane e l’intera struttura secondo una logica di qualità del servizio reso al paziente e non di quantità;


creare delle specialità per singola struttura ospedaliera presente sul territorio cittadino/provinciale cosicché ciascuna di esse possa gestire nella maniera ottimale i pazienti aventi quella determinata patologia;

essere dotati sempre almeno di una terapia intensiva, di un UTIC e di tutte le specialità chirurgiche disponibili H 24;


introdurre tecnologie all’avanguardia a supporto dei professionisti.


Ma se dedichiamo 12.5 mq a ciascun paziente, se ampliamo le aree di pronto soccorso, se investiamo in tecnologia e se stravolgiamo l’organizzazione come facciamo a rispettare gli spazi ad oggi esistenti contenendo la spesa?


Se interveniamo subito e bene sul paziente (attraverso tecnologie e specialisti adeguati e sempre disponibili) lo curiamo in tempi più rapidi e con migliori risultati, se lo curiamo in tempi più rapidi la sua degenza è ridotta, se la degenza è ridotta servono meno posti letto, se servono meno posti letto con lo spazio attuale predispongo camere singole. Inoltre se non ho necessità di avere dei reparti perché tutti i reparti al momento che servono sono DOVE servono, e cioè nel pronto soccorso, ho più spazio per allargare il pronto soccorso. In sintesi servizio migliore, spazi razionalizzati, spesa ridotta o comunque meglio investita su professionisti e tecnologie.


Per concludere questa sessione è bene fare un sunto delle strutture precedentemente richiamate e di qual è la nostra immagine delle stesse. L’Ospedale deve offrire cure immediate complete legate a patologie gravi e/o chirurgiche dopodiché deve indirizzare il paziente o presso una struttura post acuzie medica o presso una struttura post acuzie riabilitativa. La struttura post acuzie medica deve fornire vitto, alloggio e “osservazione” medica costante. Il post acuzie riabilitativo deve fornire vitto, alloggio e riabilitazione. Non devono avere altro. Strutture snelle e a basso costo adatte alle esigenze specifiche dei pazienti.


La sostenibilità economica


Non si può non analizzare la situazione economica degli ospedali in pieno XXI secolo.

Com’è noto nei primi anni novanta, per dare un freno agli sprechi della sanità, venne introdotto un sistema già sperimentato in America dieci anni prima e denominato Diagnosis Related Group (DRG). Il DRG si basava e tuttora si basa sulle informazioni contenute nella scheda di dimissione ospedaliera del paziente, costituendo l’ammontare del finanziamento erogato dalla regione alle Aziende Ospedaliere. Il Servizio Sanitario Nazionale eroga infatti i finanziamenti sulla base delle attività ospedaliere rilevate, remunerando le prestazioni mediante tariffe predeterminate come da DRG.


Il meccanismo sopra sintetizzato è interessante e senza dubbio logico ma che oggi trova una attuazione completamente inadeguata.


I finanziamenti tutt’ora erogati dal Servizio Sanitario Nazionale agli ospedali pubblici sono basati su tariffe di spesa di due decadi fa. In sintesi lo stato rimborsa all’ospedale le spese degli interventi così come essi sono stati quotati 20 anni orsono quando non c’erano le giuste tecnologie, il preoperatorio durava giorni, quando la degenza era estremamente più lunga e quando l’approccio all’intervento era totalmente diverso da quello che avviene oggi. Insomma un mancato aggiornamento delle tariffe del DRG rispetto alla realtà. Vista la velocità dell’innovazione tecnologica e della dinamica della prestazione medica, non è possibile utilizzare questo sistema in maniera efficace senza un aggiornamento almeno semestrale.


Le strutture ospedaliere corrono dietro ad un criterio di sostenibilità economica senza averlo mai veramente raggiunto.


Tutto quanto sopra descritto è indubbiamente il frutto di una gestione sempre “demandata” e mai curata in prima persona e da sempre priva di qualunque tipo di assunzione di responsabilità.


Le Regioni dovrebbero richiedere denaro pari al loro fabbisogno, il Ministero della Sanità dovrebbe fungere da organismo di controllo su tale fabbisogno ed il Ministero dell’Economia dovrebbe erogare denaro alle regioni secondo il fabbisogno controllato dal Ministero della sanità.


Ma cosa avviene nella realtà?

Avviene che il Ministero della Sanità non controlla la spesa asserendo che è si tratta di una “cosa impossibile” e che le Regioni, attraverso il fabbisogno, controllano il denaro che arriva nelle loro tasche dal Ministero dell’Economia. Dal canto suo il Ministero dell’Economia, avendo una spesa sanitaria esorbitante e data la completa mancanza di collaborazione degli altri attori coinvolti, effettua tagli trasversali su tutte le voci di costo senza un criterio logico ne umano.


La nostra verità è che il Ministero della Sanità può e deve controllare la spesa pubblica attraverso un progetto di ristrutturazione del costo della prestazione da DRG ma finora, nessun Ministro della Sanità, tra i tanti che si sono succeduti negli anni, ha pensato a questo. Analizzare e aggiornare il costo della singola prestazione del DRG equivale ad assumersi le proprie responsabilità nell’unico modo possibile. Nessuno sceglie di determinare un sano cambiamento.


La nostra Proposta

La nostra proposta è un ribaltamento totale della attuale situazione. L’ospedale deve essere gestito da manager professionisti che conoscono l’importanza della qualità del servizio reso e della sostenibilità economica inoltre la struttura e l’organizzazione dell’ospedale non possono ruotare sul medico ma devono invece ruotare sul paziente e sulle sue esigenze.


Solo se si sposa questa filosofia si può realmente attuare un cambiamento. La qualità del servizio; La cura del paziente; La sostenibilità economica. La nostra scelta. La nostra sfida. Il nostro percorso.







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